History and Hermeneutics for Mathematics Education

Storia ed Ermeneutica per la Didattica della Matematica

 

 

 

Lettres by Euler (1787)

Le Lettere di Eulero (1787)


 

 

Euler, L. (1787), Lettere ad una principessa d’Alemagna sopra diversi soggetti di Fisica e di Filosofia, I, II, III, Ferres, Napoli (I ed. in Italian, II ed.; I ed.: 1772)

 

EULER Leonhard, lat. EULERUS (1707-1783)

 

“Per esprimere sensibilmente la natura di queste quattro spezie di proposizioni, possiam rappresentarle per mezzo di figure, le quali son di un gran soccorso per ispiegare con somma distinzione qual sia l’esattezza di un raziocinio. E poiché una nozione generale contiene un’infinità di oggetti individuali, si può supporre a guisa di uno spazio, in cui questi oggetti son racchiusi: per esempio si forma uno spazio per la nozione di uomo (Tav. 1. fig. 1.) in cui si suppone che tutti gli uomini sien radunati.

 

 

Tav. 1. fig. 1.

 

Per la nozione di mortale se ne forma un altro (Tav. 1. fig. 2.) dove si suppone che sia compreso quanto vi è di mortale.

 

 

Tav. 1. fig. 2.

 

E quando io pronunzio che tutti gli uomini son mortali, intendo che la prima figura sia contenuta nella seconda.

 

 

Tav. 1. fig. 3.

 

Dunque la rappresentazione di una proposizione universale affermativa sarà quella della Tav. 1. fig. 3., in cui lo spazio A che dinota il soggetto della proposizione vien tutto intero racchiuso nello spazio B che è il predicato” (lettera CII, 14 febbraio 1761, II, pp. 111-112).

 

 

“Questi cerchj o sien questi spazj (imperciocché è indifferente qualunque figura lor si dia) son molto a portata per facilitare le nostre riflessioni sopra questa materia, e per metterci in chiaro quanti misteri la logica si vanta di avere, i quali somma pena han costata per poterli dimostrare, mentre coll’ajuto di tai segni in un istante tutto salta agli occhi... Quanto sin qui si è detto può essere sufficiente a far capire a Vostra Altezza , che tutte le proposizioni possono essere rappresentate con figure; ma il massimo vantaggio si manifesta ne’ raziocinj, i quali qualora si esprimon con parole chiamansi sillogismi, in cui si tratta di tirare una conclusione esatta da alcune date proposizioni. Con tale invenzione noi potremo subito scandagliare le giuste forme di tutti i sillogismi.

Cominciamo da una proposizione affermativa universale ogni A è B... Se la nozione C è contenuta interamente nella nozione A, sarà contenuta anche interamente nello spazio B (Tav. 1. fig. 8.), donde risulta questa forma di sillogismo

 

                                               Ogni A è B

                            Ma              Ogni C è A

                            Dunque      Ogni C è B

 

e quest’ultima è la conclusione

 

 

Tav. 1. fig. 8.

 

Per esempio. Disegni la nozione A tutti gli alberi, la nozione B tutto ciò che ha radici, e la nozione C tutti i ciriegi, in tale caso il nostro sillogismo sarà il seguente

 

                                      Ogni arbore ha radici

                   Ma              Ogni ciriegio è un arbore

                   Dunque      Ogni ciriegio ha radici”

 

(lettera CIII, 17 febbraio 1761, II, pp. 113 e 115-116).

 

Divisibilità dell’estensione in infinito

 

“La controversia tra i Filosofi moderni, e i Geometri, di cui ora ho l’onore di parlare a Vostra Altezza, ha per oggetto la divisibilità de’ corpi. Una tal proprietà è senza dubbio fondata sull’estensione, e non per altro i corpi son divisibili e posson ridursi in parti, se non perché sono estesi.

Si ricorderà benissimo Vostra Altezza, che in Geometria si può sempre dividere una linea in due parti uguali, per picciola che sia. S’insegna benanche il come debba dividersi una piccola linea, per esempio a i in tante parti uguali quante si vuole, e la costruzione di tal divisione vien talmente dimostrata che non si può dubitar della sua esattezza.

 

Tav. II. fig. 23

 

Non hassi a far altro che tirare (Tav. II. fig. 23.) una linea A I parallela ad a i a qualunque grandezza ed a qualunque distanza si voglia, ed in essa trasportarvi altrettante porzioni uguali AB, BC, CD, DE quante la picciola linea data contiene, per esempio otto. Quindi per l’estremità Aa, ed Ii descrivansi le linee rette AaO e IiO finché non arrivino al punto O: e da questo stesso punto O verso i punti di divisione B, C, D, E, &c. tirinsi le rette OB, OC, OD, OE, &c. le quali taglieranno nel medesimo tempo la picciola linea a i anche in otto parti uguali.

Riesce anche questa stessa operazione per piccola che sia la linea a i, e per grande che si voglia il numero delle parti. È vero bensì, che volendola eseguire non potremmo portar molto innanzi la divisione delle parti, poiché le linee che potremmo tirare dovrebbero sempre aver qualche larghezza, per la quale verrebbero certamente a confondersi, come Vostra Altezza può vederlo nella figura vicino al punto O. Ma quì si tratta di quanto in se stesso è possibile, non già di quanto l’uomo è in istato di eseguire. Ma nella Geometria le linee non hanno menoma larghezza, e per conseguenza non si dà mai il caso che si confondano. Adunque ne segue che una tal divisione non è mai circonscritta da alcuni limiti.

Da che Vostra Altezza mi accorda, che una linea possa esser divisa in mille parti, con dividere ciascheduna delle parti in due, verrà questa divisa in duemila parti, e per la stessa ragione in quattromila, ed in ottomila, senza che giungasi mai alle parti indivisibili. Per picciola che concepiscasi una linea, certamente questa è divisibile in due metà, e ciascheduna di queste metà anche in due, e così in infinito.

Quanto finora ho detto di una linea, si può facilmente applicare ad una superfizie, e con più forte ragione ad un solido, il quale ha tutte tre le dimensioni, lunghezza, larghezza, profondità. Da ciò ne nasce, che ogni estensione è divisibile all’infinito, e questa proprietà chiamasi divisibilità all’infinito.

Chi volesse negar questa proprietà che ha l’estensione, sarebbe obbligato a sostenere, che la divisione dovrebbe in fine ridursi a parti così picciole, che non potrebbero più ulteriormente dividersi, perché non hanno più estensione. Intanto tutte queste particelle prese insieme debbon riprodurre quel tutto che fu diviso: e come la quantità di ciascheduna di esse sarebbe niente o sia zero 0, molti zeri presi insieme dovrebbero produrre una quantità, cosa di cui più assurda non si può concepire: perché ben sa la Vostra Altezza che due o più zeri uniti insieme non danno mai menoma cosa.

Questo sentimento, cioè che nella divisione di una estensione, o di una quantità qualunque si arriva in fine a certe particelle tanto picciole, che non sarebber più divisibili, perciocché in esse non vi sarebbe più quantità, egli è un sentimento assolutamente insostenibile.

Per renderne più sensibile l’insussistenza, supponghiamo che una linea di un pollice sia divisa in mille parti, e che queste sien ridotte a tal picciolezza, che non ammettan più divisione. Dunque ciascheduna di queste è priva affatto di grandezza (perché se vi fosse rimasta grandezza, potrebbe ancor dividersi) e per conseguenza ciascheduna di esse particelle sarebbe un vero niente. Se intanto queste mille particelle unite insieme formano un pollice, dobbiam dire che un pollice è composto da mille niente, cosa ch’è tanto assurda, quanto il sostenere, che la metà di un pollice sia un niente. In fatti se è assurdo l’asserire, che la metà di una quantità è un niente, lo è eziandìo il dire, che sia un niente il quarto: e quando ciò mi si accordi riguardo a un quarto, mi si dee accordare anche per la millesima, e per la millionesima. Finalmente, per quanto oltre si porti coll’immaginazione la divisione di un pollice, non si arriverà mai al segno, che le ultime parti sieno assolutamente indivisibili. Queste parti diverranno senza meno sempre più picciole, e la di lor grandezza si accosterà sempre più al zero, ma non vi sarà mai caso di poterci arrivare.

Con ragione dunque si asserisce nella Geometria, che ogni grandezza è divisibile all’infinito, e che in qualunque divisione non si può mai procedere sino a tal segno, che divenga impossibile una ulterior divisione. Intanto dee sempre distinguersi ciò ch’è possibile in se stesso, da ciò che noi siamo in grado di eseguire. La nostra esecuzione ha molte limitazioni. Dopo aver per esempio diviso un pollice in mille parti, son queste così picciole che ci sfuggono agli occhi, e perciò ci sarebbe certamente impossibile una ulterior divisione.

Ma se questa millesima parte di un pollice si guardasse con un microscopio che ingrandisse per esempio mille volte, ciascheduna particella ci sembrerebbe altrettanto grande, quanto un pollice all’occhio nudo: ed in tal caso resterebbe ognuno convinto della possibilità di divider qualunque di quelle parti in altre mille. Or dunque chi v’impedisce di tirar sempre innanzi questo stesso raziocinio?

Perlaqualcosa bisogna conchiudere, ch’egli è questa una verità incontrastabile, che ogni grandezza è divisibile all’infinito, e non solamente questo ha luogo per l’estensione ch’è oggetto della Geometria, ma bensì per tutte le altre proprietà, come è il tempo, il numero &c.” (lettera CXXIII, 28 aprile 1761: II, pp. 191-196).

 

See moreover:

Si veda inoltre:

 

Leibniz, G.W. (1734), Essais de Théodicee, I, II, Foppens, Bruxelles.

Euler, L. (1777), Saggio di una difesa della Divina Rivelazione, Fontana, G. (Ed.) Bolzani, Pavia.

Euler, L. (1787) Institutiones Calculi Differentialis cum eius usu in Analysi Finitorum ac Doctrina Serierum, I, II, Galeati, Pavia (II ed.; I ed.: 1755).

Euler, L. (1796), Introduction a l’Analyse Infinitésimale, I, II, Barrois, Paris (I ed. in French).

Euler, L. (1828), Elements of Algebra, with the notes of M. Bernoulli, &c. and the additions of M. de La Grange, Longman, Rees, Orme and Co., London.

 


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(Giorgio T. Bagni, Editor)


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